La Commissione Comunicazione è un organo della Federazione Speleologica Toscana il cui scopo è quello di gestire e curare i vari aspetti legati alla comunicazione della Federazione tra cui il sito ufficiale, i canali social e la mailing list con cui documentare e divulgare dati, attività e notizie della Federazione e delle varie commissioni, dei gruppi e/o progetti aventi patrocinio Federale.
Durante lo scorso CF, è stato approvato il suo regolamento al fine di gestire al meglio la diffusione delle notizie della Federazione stessa e di tutti i progetti aventi patrocinio Federale.
Il Comitato Federale e la Commissione vi invita a prenderne visione.
A seguito di molteplici proposte per un campo in zona “Becco” decidiamo di organizzarci per il penultimo fine settimana di Luglio. Fino all’ultimo giorno non è ben chiaro in che modalità avverrà e chi parteciperà , ma sappiamo bene che queste, a differenza delle uscite “troppo organizzate” sono quelle che solitamente producono i risultati migliori. 21/7/2023 Ci troviamo venerdì sera a Pietrasanta, Tommi, Giulio, Damiano, Leo ed io. Ceniamo nel cuore della movida in segno di un approccio pacifico con gli obiettivi del campo, che restano chiusi nel sacco del “sottointeso” fino al mattino seguente. Dopo un paio di ammazzacaffè con RE Davide (il RE del GSAV)che ci consegna i permessi per il parcheggio in Retro Corchia allegati a mezzo litro di grappa, ci incamminiamo ad allestire il campo nella piazzola al termine della faggeta, prima della cava dei terrinchesi. 22/7/2023 Sabato mattina ci raggiunge Andrea con la sua famiglia e di seguito, in consistente ritardo, appare anche Tovà con Gabrienologo e Jacopo . Ovviamente nel sacco del “sottointeso” c’era anche questo con conseguenti infamate, meno un piccolo sconto grazie alle temperature che per ora si mantengono fresche. Organizzo le squadre molto velocemente. Leo decide di riprendere il lavoro al “Ramo della Grande Aragosta” facendo squadra con Jacopo, Giulio e Alessio che era stato li non molti anni fa. Io proseguo in vetta con il resto della truppa. Salutiamo la famiglia di Andrea che farà un giro esterno, mentre noi ci divideremo in 2 squadre. Gabrienologo a seguito della classica domanda retorica “te la senti?” seguita da occhiolino e pacca sulla spalla, si offre involontariamente per entrare dal Fighiera portando con se Andrea e Tommi, fino a raggiungere le risalite nel “Ramo del Grande Antonio”; Io e Damiano entriamo dalla Buca dei Gracchi per ritrovarci al di sopra di alcuni massi instabili da disgaggiare all’attacco del meandro in cima al P30. Narra il Dio Bacco: << Entriamo in tarda mattinata. Provo un po’ di emozione nell’armare il pozzo d’ingresso perché è la prima volta che mi trovo a guidare altre persone in grotta, ma Tommi e Andrea, anche se non sono mai stati qui, sono due speleologi molto esperti … E i punti in cui è possibile sbagliare li avevo già infilati tutti nelle uscite precedenti, quindi mi tranquillizzo. Sono diversi giorni che non piove, la grotta è più asciutta e la temperatura percepita comincia ad essere gradevole. Scendiamo di buon passo i primi salti su corda superando agevolmente le varie strettoie. Scendiamo i due P20 senza farci mancare la consueta bevuta dalla Bordolese con acqua Ultrapura del Corchia. Arriviamo al P40 dove Tommi e Andrea rimangono colpiti dalla bellezza dell’ambiente.Ci infiliamo nel Ramo del Grande Antonio e proseguiamo velocemente verso la risalita del Monolite che si dirama a 2/3 del P30 Alla base del pozzo trovo un caposaldo ben segnato ed evidenziato con lettera “G”che indica il punto di giunzione di 2 rilievi, da qui possiamo battere il punto direttamente nella diramazione, anche se la distanza è notevole e non sarà facilissimo … Mentre Tommi prepara il Disto io risalgo fino all’attacco del traverso che mi porterà sul monolite, trovando un altro caposaldo (n°38) evidenziato quasi sicuramente da Salvatore per allacciare il rilievo della diramazione. Cominciamo da qui e con tre capisaldi siamo all’attacco della risalita che avevamo fatto io e Luca, un ultimo tiro verso l’alto e il rilievo è finito. Tommi si prende onere e onore di disarmare il pozzo prendendo con se tutto il materiale necessario … anzi no, le piastrine da abbandono sono rimaste alla base del pozzo che dovremo risalire dopo; sale canticchiando e arrivato in cima conferma quanto visto Luca la volta precedente. Disarmato il pozzo, siamo tutti e tre intorno al monolite che sta lì sornione nella sua stabile precarietà, quando cominciamo a sentire un inconfondibile odore di sigaro. Arrivano quelli del Genio-Pionieri! >> Dopo aver organizzato il lavoro per smussare alcuni spigoli nei meandri che portano dalla sala della giunzione al P30, sbuchiamo su quest’ultimo per spazzare via 3 massi che sostano in bilico proprio sull’imbocco della fessura. Io e il Dio Bacco ci assicuriamo che sotto sia libero e con una piccola spinta va giù tutto. Rifacciamo il punto della situazione. Io e Damiano procediamo con il rilievo della breve diramazione che avevano visto Alessio e Gabriele lo scorso 10 Giugno, mentre gli altri 3 si dirigono alla risalita che avevamo lasciato in sospeso per il troppo stillicidio. Stavolta è abbastanza asciutta, parte Andrea con Gabrienologo che fa sicura. Come già descritto in precedenza , il primo tratto si arrampicherebbe in libera ma in cima stringe , poi si vede “un gran buio”. Giunti al punto stretto sento chiedere supporto per disostruire, temporeggiano qualche minuto poi sale Tommy e dopo qualche tentativo riesce a passare dando conferma che su il buio era grande. Io e Damiano abbiamo appena finito il rilievo, dunque ci dirigiamo di corsa a vedere . Siamo ad un livello superiore della frattura che ci ha portati dalla “Saletta del Macigno” all’attacco di questa risalita, ma a questa quota la frattura è molto ampia, di dimensioni maestose! Certo, il Ramo del Grande Antonio non poteva che continuare così … Abbiamo un enorme arrivo circolare su di noi, alla sommità sembra continuare in orizzontale (il Disto dice a +31m) ma non prima aver oltrepassato lui! L’ennesimo macigno che sosta chissà come a metà verticale, anzi per l’esattezza sono 2! La Motrice e il Rimorchio. Facciamo alcune valutazioni e ci avviamo al dietrofront facendo il rilievo. Damiano , Tommi e Andrea si incamminano a verificare alcuni punti interrogativi nella Sala della Giunzione e dintorni, io e Gabrienologo procediamo a smussare gli spigoli del meandro fino a ritrovarci con gli altri nella sala. La galleria ingombra dai blocchi di frana a monte del p13 diventa improseguibile già dopo i primi 5 metri. Dalla sala Tommi e Andrea provano a risalire la frattura trasversale nella quale mi ero affacciato il giorno della giunzione. Io provo ad infilarmi in una via che scende fra i blocchi che costituiscono la base della sala. Questa era stata già percorsa e rilevata dai fiorentini … scendo per circa 20 metri seguendo l’aria e perdendo il conto dello “svolta a destra, poi a sinistra, poi giù, poi sali e così via” . Trovo una corda su placchetta siglata GSF. La frana si deve essere mossa negli anni, visto che ha sepolto il mancorrente che porta alla verticale. Tutto questo è molto rassicurante … Valuto se c’è qualcosa di rimovibile senza far collassare il resto in cui sono avvolto, poi disarrampico per circa 7 metri ritrovando la parete ma c’è un’ennesima ostruzione. L’aria e la direzione puntano ad ambienti più bassi nel Ramo dell’Odissea. Decido di tornare su, con qualche difficoltà nel ritrovare la via … Ricordandola grazie ad alcuni scisti fra tutti questi blocchi di marmo. Usciamo tutti dai Gracchi per fare rientro al campo, dove ci racconteranno quanto riportato sotto da Giulio: << Abbiamo rivisto delle diramazioni nel meandrino che porta alla Grande Aragosta e fatto qualche arrampicata, ma tutto chiudeva o riportava sui pozzi che scendono in Farolfi. Poi ci siamo spostati rilevando fino al terrazzino di -20 della Grande Aragosta; l’intento era di cercare delle galleriette e meandri che aveva visto Leo di sfuggita nell’88, dove non era più tornato. Dopo poco girovagare, abbiamo trovato delle scritte “Leo 88” ed abbiamo iniziato a rilevare quelle galleriette. Una chiudeva dopo 30m e l’altra si affacciava su un salone enorme (sempre la via dei pozzi che scende in Farolfi). Attrezzato un traverso per beccare il proseguimento sulla parete opposta della galleria, abbiamo continuato a seguirla fino ad un altro salone, anch’esso fa parte dei pozzi che scendono verso il Farolfi e che visti da un’angolazione diversa dalla solita, ci hanno fatto intravedere dei buchetti in parete. Mentre uscivamo abbiamo rifatto un pezzo di poligonale nella Galleria di -250 e alle 19:30 eravamo fuori . >> 23/7/2023 Il campo si è spopolato e continua a spopolarsi miseramente manco fosse stato annunciato un bombardamento sul Corchia. Io, Leo e Damiano, di buon’ora , torniamo su alla Buca dei Gracchi. Mi dirigo verso il P30 in compagnia di me stesso per recuperare alcuni ferri e disegnare accuratamente pianta e sezione del tratto che va da quest’ultimo fino alla Sala della Giunzione, Già “Salone del Bipede”; mentre Leo e Damiano rifanno il rilievo dall’ingresso alla sala. Voce a Damiano: << Nel suddetto giorno si è svolta l’operazione di rilievo del tratto che va dal Pozzo dei Gracchi alla Sala della Giunzione col Fighiera. Scendo per primo mentre Leo misura l’altezza del pozzo dal traverso (46 m). Proseguendo in direzione ovest l’ambiente si restringe. Siamo passati attraverso una fessura, a circa due metri di altezza, raggiungibile grazie a una vecchia corda. Segue un tratto che alterna meandri e strettoie a brevi risalite. Proseguendo siamo entrati in un ambiente più ampio, camminando sul crollo di una volta concrezionata. Posti i capisaldi abbiamo continuato su una risalita di circa 15 metri che porta ad un terrazzo di circa 3 m x 1.5 m di estensione e si affaccia sulla Sala della Giunzione la cui base si trova circa 20 metri più in basso. Arrivati nella sala (ore 12:00) abbiamo posto gli ultimi capisaldi e ci siamo fermati per mangiare un boccone. Nell’attesa di Salvatore, abbiamo iniziato il rilievo di un corridoio franoso che risale lungo la frattura trasversale citata in precedenza. Una volta risalito il terzo salto la prosecuzione diventava troppo difficoltosa rispetto all’obiettivo iniziale che ci eravamo posti e il crescendo echeggiante delle note di “Shine On You Crazy Diamond” ci segnalava l’arrivo di Salvatore. Quindi abbiamo interrotto il rilievo e tutti e tre ci siamo diretti verso il pozzo dei Gracchi per l’uscita. >> Queste poche ore di campo abbastanza improvvisato hanno prodotto circa 400 metri di rilievo e dato sbocco ad una nuova via da esplorare di cui ci occuperemo nelle prossime uscite. Partecipanti: Giulio Della Croce, Jacopo De Martino, Alessio Tovani, Leonardo Piccini, Gabriele Ianett (Gabrienologo o Dio Bacco), Andrea Benassi, Tommaso Biondi, Damiano Zanetti, Salvatore Iannelli.
Molte volte passando sulla cresta del Corchia con amici speleologi e non, mi sono trovato a rispondere a domande e parlare in generale di alcune curiosità riguardanti il sistema carsico sottostante. Ovviamente le prime due cose che vengono in mente per dare un’idea della grandezza e della complessità di ciò che si nasconde dentro questa piccola montagna, sono lo sviluppo di circa 74km di conosciuto ad oggi e la profondità di 1180m dall’ingresso più alto dei 21 conosciuti, ovvero questo dove mi piace sedermi a parlarne, “l’Abisso Claude Fighiera” o “Buca del Cacciatore”. Sicuramente non si può non parlare della storica giunzione di 40 anni fa in occasione della quale, fu trovata la via che univa ciò che fino ad allora era identificato in 2 sistemi separati (Fighiera e Corchia) susseguendone i numeri sopra citati e come tralasciare la storia del bivacco incendiato che vediamo proprio davanti ai nostri occhi… E poi! Riprendendo i passi, si giunge alla “Buca dei Gracchi”, l’ingresso più maestoso del Corchia; raggiunto dal basso dal Gruppo Speleologico Fiorentino tramite risalite per un dislivello di quasi 700m e collegato al sistema a seguito della disostruzione di una frana. É vicinissimo al Fighiera, lo avete visto… Appena 40 metri più basso di quota e pensate, se ne va giù indipendente da esso fino al punto della giunzione dell’83 a circa -600. Balle! Penso dentro di me… Solo voi che non conoscete questa grotta e non sapete sognarne l’ennesima prosecuzione potete credere a tutte queste balle! Se non sto attento a forza di raccontarle finirò per convincermene anche io…
Il 10 Maggio, pochi giorni prima della seconda punta per cominciare le risalite nella diramazione alla base del P40 della via classica, parlo con Leo per capire se riusciamo ad organizzare un’uscita insieme; poi dopo varie valutazioni e commenti sul breve rilievo che avevamo fatto in precedenza, sul flusso d’aria che laggiù subisce una notevole anomalia e la presenza di ossa, “sputo il rospo” con testuali parole: “E se quella diramazione alla base del 40 se ne andasse nei Gracchi/Ramo dell’Odissea? Sarà mai possibile che in una montagna ridotta un colabrodo ci siano due rami che partono da due ingressi molto vicini e non si incontrano fino a -600?? Che problemi deve aver mai incontrato l’acqua per non realizzare questa cosa?” Riesco a percepire lo sguardo di Leo anche se ne stiamo parlando attraverso messaggi e infatti risponde con dati positivi alimentando il fuoco. Cerco di radunare al più presto gente al GSAV, con forte entusiasmo soprattutto fra i ragazzi nuovi, visto che si tratta di esplorazioni a portata di mano che rischiano di sfatare un mito capovolgendo la storia di tanti anni fa; mentre intorno a un paio di tavolini in piazza a Pietrasanta tremo nell’accennare la situazione a chi può realmente capire di cosa si stia parlando… Non voglio fare alcun tipo di affermazione perché vi sto parlando di ipotesi e sogni ad occhi aperti, non lo faccio anche per scaramanzia… Però il rilievo punta li. Mancano pochi metri. L’anomalia del flusso d’aria e le ossa la dicono lunga… Poi magari va a finire che 10 metri prima, la grotta cambia totalmente direzione o che ci troviamo davanti a una frana che chiude tutto (non che al GSAV ci facciamo spaventare dalle frane). Una cosa é certa, se succede, le urla le sentirete da lontano.
1/7/2023 I troppi punti interrogativi in quella diramazione ci affrettano a ritornare in grotta. Ci troviamo alle 8:00 a Passo Croce per evitare lo stramaledetto caldo che si fa sentire giá dalle prime ore del mattino. Saliamo in 6 ammucchiati nel Defender di Ale, giù ci divideremo in due squadre per continuare l’esplorazione della forra e la risalita dalla finestra sul P30. Ma arrivati all’ingresso Ale è costretto ad abbandonarci per un forte dolore alla schiena e la cosa mi rattrista un po’ visto che anche nella punta precedente, (per problemi di altro tipo) non ha potuto raggiungerci come ci aveva promesso. Ci contavo perché tutto é cominciato fra me e lui e siamo costretti a calpestare altri metri nuovi in sua assenza… Entriamo e raggiungiamo i punti d’interesse abbastanza rapidamente. Luca e Gabrienologo si dedicano alla finestra sul P30 guardando bene di non disturbare il blocco che fa da ponte verso la cengia… Non abbiamo tempo per smontare tutto sotto e farlo collassare, ne vogliamo rovinare la bellezza dell’ambiente con i suoi impatti durante la caduta.
Io, Damiano e Giulia ci dirigiamo verso la forra e siamo costretti ad allargare la fessura alla sommitá del pozzo, sia in via precauzionale che per consentire il passaggio ai diversamente strettoisti. Sostiamo sotto parete su uno dei terrazzi del P30 mentre alcuni massi volano giù passandoci davanti, poi mi rialzo esclamando “Tranquilli! E’andato tutto secondo i piani! Ora arrampichiamo il 10 tanto qui la corda non serve e non intendo perderci tempo a metterla”. Mi guardano perplessi ma in pochi tentativi siamo tutti e tre su. Percorriamo la forra fino a raggiungere la strettoia che precede la saletta alla base della risalita del P13 , rendendo un tantino più agevole anche questa. Poi arrampico il pozzo e fisso una corda per far salire Damiano e Giulia in sicurezza; gli spiego bene in quali circostanze ci troviamo e decidiamo anche stavolta di rimandare la prosecuzione che continua verso l’alto. Quindi scendo nel pozzo parallelo, alla sommitá si presenta come avevo intravisto la volta precedente, ma, sorpresa! Alla base, sotto il saltino da 2m si vede un ambiente, mi affaccio e vedo partire una forra in direzione quasi opposta a quella dalla quale siamo arrivati. Esclamo “Continuaaa! Vado a vedere!” Tolgo un paio di sassi per agevolare il passaggio e proseguo in opposizione alla sommitá della forra, per l’esattezza a contatto con il soffitto. Parlando con gli altri dietro di me ho l’impressione di sentire un eco… esclamo “Fermi tutti, non é possibile!” Provo con lo SpeleoSonar “OooooOooh” “cavolo qui allarga a dismisura!”. Non riesco a reggermi bene in opposizione a causa delle pareti interamente ricoperte da un abbondante strato di latte di monte, provo a scendere nel punto più largo. Da qui intravedo una sala e la situazione diventa incontrollabile, c’é un macigno che mi impedisce il passaggio, ma non mi pare di aver visto punti per bypassarlo; ritento invano, mi sto solo riempendo di latte di monte, se non altro scivolerò più facilmente nella strettoia… Damiano e Giulia si affrettano a raggiungermi portando mazzetta, scalpello e piede di porco; nel frattempo ho giá spuntato il masso colpendolo con un sasso di fortuna trovato infondo al meandro. Arrivano gli altri e provo a superare la strettoia ma é ancora impossibile; riguardiamo meglio oltre ed esclamo “oggi non me ne vado da qui se non metto piede in quella sala!”. Mi metto all’opera con mazzetta e scalpello e Damiano si offre subito volontario per darmi il cambio, ma non riesco a fermare il braccio fin quando gli occhi non mi suggeriscono di provare nuovamente a passare. Mi infilo di gambe, controllo il respiro, risento il mio battito cardiaco dalla roccia sfiorandola con le mani… E’ fatta! La sala c’é davvero! Per raggiungerne la base c’è da scendere un salto di 4-5m e servirebbe una corda che abbiamo lasciato indietro, ma ho con me la mia corda invisibile e fa lo stesso… Mentre le mie gambe hanno giá raggiunto il suolo e mi fanno girare intorno ad ammirare l’ambiente urlando dalla gioia e non credendo ai miei occhi, vedo delle corde e degli attacchi che sanno di GSF e tramandano flashback di storia di imprese esplorative, che dall’interno di questa montagna hanno segnato la speleologia mondiale. Do il 5 a Damiano, perdo la voce e la testa urlando senza controllo “giunzioneeee! Non ci posso credere! ” Passa anche Giulia portando con se il kit da rilievo, mi guarda con espressione felice chiedendomi con una domanda retorica “ma tu lo sapevi che oggi avremmo trovato questo?” Rispondo con un sorriso, pensando a quell’amico che ad ogni mio dubbio mi diceva “tanto so che ce la farai ragazzone”. E’ giunta l’ora di girarsi, ci eravamo dati un orario con gli altri e magari qualcuno si sta preoccupando, anche se prima di separarci ricordo di aver detto “se alla tale ora non siamo qui non ci aspettate, avviatevi fuori” già … “No Giulia, non lo sapevo … Ma lo sospettavo”. Facciamo dietrofront rilevando il tutto. Alle 21:45 siamo fuori e la prima chiamata va a Leo, subito dopo ad Ale che ci aspetta con il fuoristrada insieme al resto della truppa nella Cava del Becco. Scrivo nel diario di vetta “1-7-2023 La giunzione fra Fighiera e Corchia era pochi metri sotto l’ingresso, firmato Progetto ORCO”. Mi chiama subito Alessio immaginando che se avessimo fatto ritardo rispetto agli orari stimati sarebbe stato solo per buonissimi motivi e infatti pochi minuti dopo la chiamata partono fuochi d’artificio da Fociomboli e arriva su in fuoristrada con Angela per brindare insieme a noi mentre Luca e Gabrienologo ci raccontano della risalita…
Di seguito il resoconto di Luca: Ed eccoci di ritorno in Fighiera, terza uscita per me del progetto Orco, l’atmosfera mi piace. Io e Gabriele ci occupiamo di chiudere un punto interrogativo rimasto su una risalita da fare, con presenza d’aria. Dividiamo con Sasà i materiali e mentre gli altri proseguono verso un altro ramo con aria, noi due ci mettiamo al lavoro. Gabriele mi fa sicura, su di un terrazzo al quanto risicato tra questi due grossi blocchi che fan da pavimento (non si sa bene come facciano a rimanere lì) . Gabriele quindi per sicurezza si allongia al frazionamento, onde evitare cedute improvvise sotto i piedi. Inizio a risalire il camino che presenta in più punti, visto la vicinanza tra le due pareti, diverse zone per contrapporsi. Riesco quindi piantando poco a guadagnare quota abbastanza agevolmente. Fatti 7 o 8 metri arrivo su un terrazzino. Sopra sembra chiudere, “ma allora da dove proviene l’aria?”. Togliamoci ogni dubbio, ripianto altri 2 pulse, “latte di monte fantastico!”. Pianto un ultimo pulse, ed effettivamente una nicchietta con un sassone all’ingresso c’è davanti a me, è da lì che proviene l’aria! Mi alzo allora ancora un poco e pianto la sosta che mi permette di affacciarmi nella nicchia, siamo a occhio e croce sui 15 metri dalla partenza. Lascio l’attrezzatura da risalita, provo ad infilarmi sopra il masso, ma non passo oltre. Metto la testa dentro, in alto sembra esserci il soffitto, davanti a me uno stretto meandro continua, non si vede molto oltre. Il meandro non sembra transitabile senza una disostruzione, da valutare se ne possa valere la pena. Ma finché non ci si entra dentro chi può dirlo. Lascio armato per il rilievo e scendo. Mi dirigo con Gabriele su di un’altra risalita, dal momento che era ancora abbastanza presto. Proviamo a vedere se si può risalire, salgo un po’ in libera sui gradoni pieni di detriti pulendoli, ma uno scroscio d’acqua presagisce che a meno di una doccia, di lì ora non si sale. Son già bello bagnato e ora la voglia di un ulteriore doccia non mi alletta. Vale la pena tornare a vederla in secca. C’eravamo detti verso le 17:00 di iniziare ad uscire, allora mangiamo qualcosa e giriamo i tacchi con calma verso l’uscita. Gli altri arriveranno poi diverse ore dopo con grandi notizie. Luca Dadà
7/7/2023 Passano pochi giorni in un susseguirsi di conversazioni con Leo per il posizionamento del rilievo e con Riccardo Ciurli e Paolo Mugelli per cercare di capire con esattezza in che punto fossimo capitati; ma la situazione resta poco chiara e venerdì 7 io e Damiano approfittiamo di un giro sul Corchia con alcuni amici per scendere nella Buca dei Gracchi alla ricerca della sala della giunzione che non si fa attendere più di qualche minuto. Sorrido pensando “E’ tutto vero, non era un sogno. La giunzione era qui. Ci erano passati affianco giá dalle prime punte esplorative nel ’76” ma allora ovviamente si seguivano prosecuzioni più evidenti (almeno per quanto riguarda le dimensioni). Sento ancora l’eco delle mie urla vagare in questo ramo, restano da verificare ulteriori prosecuzioni e decido di dedicarlo al mio più caro amico e compagno d’esplorazione Antonio Di Beo, sotto il nome di “Ramo del Grande Antonio”.
10/6/2023 Oggi a Passo Croce c’è un sacco di bella gente pronta ad entrare in Fighiera. Saliamo rapidamente all’ingresso per evitare il caldo e dopo i soliti preparativi entriamo dividendoci nuovamente alla Diramazione Est sulla sommità del primo P20; dove stavolta nel verificarne e rilevarne lo sviluppo, Kunze e Daniele approfitteranno delle circostanze per introdurre al progetto nuovi appassionati di Rilievo e insegnare un po’ di tecniche d’armo. Io, Alessio e Gabrienologo proseguiamo per la diramazione alla base del P40. Lungo il tratto iniziale troviamo un discreto stillicidio a causa di temporali dei giorni precedenti, ma l’alternarsi di passaggi stretti ad ambienti ampi è sempre più scorrevole e comodo dopo il nostro passaggio … Quindi proseguiamo con agilità ponendo (ovviamente) ulteriori migliorie. Mi è già presa fame, non solo di esplorazione … Gabrienologo e Alessio si infilano a vedere la frattura che incrocia il ramo principale in corrispondenza del penultimo pozzo che avevamo risalito la volta scorsa, mentre io sosto al nostro punto logistico ad organizzare le attrezzature e a prosciugare i viveri. La frattura inizialmente sorvola l’ambiente che avevamo visto io e Gabrienologo sulla diramazione destra, ma dopo pochi metri prosegue indipendente in una risalita che successivamente, scopriremo stringere fino ad un buco poco più piccolo di un casco, attraversato da un debole flusso d’aria. Dunque cominciamo a risalire il P30, ridiamo pensando ad un caro amico che avrebbe detto “Queste sono le Grrrandi Risalite dei Versiliesi” e fra un “corda” e un “blocca”, con un accenno di volo, parte un “oooh! ma ci sei?” Alessio si risveglia blocca la corda e risponde “sisi ci sono!” . La via principale prosegue in risalita con piccoli terrazzi alternati da balzi di circa 3m , l’aria sembra passare quasi tutta da qui. Mi trovo davanti all’arrivo di una forra con una fessura a limite dell’oltrepassabile; l’alternativa sarebbe continuare a risalire in verticale ma tentar non nuoce, fisso la corda e mi raggiunge Gabrienologo. Mi tolgo l’attrezzatura di dosso e con un po’ di contorsionismo a polmoni scarichi riesco a superare la fessura , dopo un paio di metri l’ambiente torna ad essere di dimensioni più ampie, continua! Provo ad andare oltre per vedere se ne vale la pena cercando di rimanere a tiro di voce … C’è da risalire un pozzo di circa 10m ma la forza che mi tira in questo ramo è nettamente superiore a quella che dovrebbe tornare a prendere l’attrezzatura; come se non bastasse è anche perfettamente liscio, ma mentre ci penso sono già su tralasciando il fatto che dopo toccherà inventarsi come riscendere. Urlo di nuovo agli altri “Continua!”. Ogni tanto Gabrienologo sveglia Alessio che è rimasto a dormire alla base del P30 come se fosse sul divano di casa e lo informa di come evolve la faccenda. La forra continua con bellissimi ambienti alternandosi fra meandri tortuosi e slarghi circolari allagati; qualche passaggio aereo consente di evitare strettoie al limite dell’oltrepassabile, stando attenti a non volare per circa 10-15 metri. Gli altri non mi stanno seguendo, non li sento più da un po’. Però non posso non affacciarmi a vedere cosa si nasconde dietro quella curva del meandro, dietro quella successiva e dietro un’altra ancora… Va’ al diavolo! Ho perso il conto. Qui continua fin quando non mi rigiro! E cosa dovrei fare? Tornare indietro con un banalissimo “è bello ma a tratti stretto-bagnato-pericoloso e con innumerevoli curve” ? Ecco, prontamente trovo un ennesimo passaggio selettivo in fessura che vorrebbe mandarmi via, sembra impossibile da oltrepassare ma osservandolo meglio … bisognerebbe sdraiarsi per terra infilare la testa in quel punto più largo e salire in diagonale poi a circa tre metri da terra deviare in orizzontale. Non ricordavo di avere le ossa! Improvvisamente l’ambiente cambia morfologia , diventando molto ampio; mi trovo alla base di un pozzo ingombro da blocchi di crollo, riesco ad arrampicarlo in libera per 13m raggiungendo un terrazzo dove la via biforca. Verso l’alto si nota la forma di una galleria quasi totalmente ostruita dalla frana , non è assolutamente il caso di provarci in queste circostanze; uno sfondamento da su un altro pozzo (parallelo a quello risalito) che alla base “scampana”. Non riesco a capire bene il comportamento dell’aria anche se si tratta di un flusso o forse flussi abbondanti. Noto un osso di circa 15cm per 2cm di diametro … mi metto a ripulire il terrazzo buttando giù una quantità innumerevole di massi che sostavano in posizione precaria, in maniera tale da garantirmi un migliore appiglio per affacciarmi in spaccata sul pozzo. Verso l’alto sembra sia tutto tappato dalla frana (sicuramente si tratta dello stesso ambiente che vedevo dal terrazzo). Alla base si nota un ulteriore salto di un paio di metri che sembra anch’esso ostruito dalla frana. Anche qui non è il caso di proseguire; è passato un po’ di tempo e gli altri si staranno preoccupando … Quindi comincio a fare dietrofront, disarrampico il 13 e lascio scritto su un blocco “Le vie del Fighiera sono Infinite”. Ripercorro i 100m circa fino a ritrovare Gabrienologo e Alessio e prima di raccontargli come prosegue il ramo, allungo il braccio nella fessura per passargli l’osso. Sono carico di latte di monte, peserò 3kg in più e il freddo comincia a farsi sentire ma è ancora presto per andarsene quindi decidiamo di chiodare il traverso per raggiungere la finestra che vedevamo dalla base del pozzo verso destra. Svoltato l’angolo non parte una galleria, bensì un’ennesima risalita in un camino parallelo. Per arrivare sulla cengia al lato opposto della finestra, mi trovo costretto a passare su un blocco dalle dimensioni impressionanti, incastrato in bilico chissà come. Poi con movimenti felpati mi raggiungono Alessio e Gabrienologo per valutare come proseguire. In cengia non c’è posto per 3 ,Gabrienologo resta seduto sul blocco “tanto a una certa se va giù resta attaccato alla corda” esclamiamo. Già! ma chissà che sotto non ci tappi la via oltre a distruggerci le corde e visto che eventualmente ,a questo punto, nessuno di noi avrebbe voglia di mettersi a liberare il passaggio decidiamo di fare rientro all’adorata taverna a Terrinca dove bordolesi di vino ci aspettano a tappi aperti. Alle 23:20 siamo fuori e dopo “l’esultanza da stadio” con tanto di fuochi d’artificio sulla vetta del Corchia, giungono notizie dall’altra squadra riportate di seguito. Avevamo stimato che la loro diramazione potesse riallacciarsi agli ambienti alla base del P20, rilevati da Marco Corvi e Maurizio Rizzotto lo scorso 25 Marzo, ma Kunze ci racconta che non è andata così. Daniele seguito da Nicola e dal Maresciallo hanno fatto squadra d’armo, chiodano un saltino mentre Kunze spiega agli altri alcune basi di rilievo. Francesca procede con il disto, Caterina e il bimbo, neofiti, si dedicano ai capisaldi, kunze alla restituzione sul palmare. La galleria si presenta con una pendenza media di – 30 gradi; tranne un piccolo saltino, si procede tranquillamente sul fondo dissestato da massi di crollo. Dopo pochi minuti perdono il contatto con la squadra d’armo che li precede in cerca di pozzi che non troveranno … Dopo un centinaio di metri la condotta finisce in un “cul de sac” quindi Kunze chiede al bimbo di suggerire un nome per il ramo, ma risponde che è “complicato” scegliere, dunque verrà chiamato “Ramo Complicato”.Dopo una breve pausa per mangiare, ripartono verso l’uscita e per le 17:00 sono fuori.
Partecipanti: Caterina Pagano, Francesca Onnis, Jacopo Gemo (il Bimbo), Nicola Gemo, Ivan Ghiselli (il Maresciallo), Daniele Paoli, Paolo Brunettin (Kunze), Gabriele Ianett (Gabrienologo), Alessio Tovani, Salvatore Iannelli.
13/5/2023 Giornata di esami … Non siamo tesi, non abbiamo grandi furie, neppure molta corda nei sacchi. Prendiamo quel che il Visconte ci manda. Io e Alessio, per una speleologia meno triste, ci preoccupiamo innanzitutto di sistemare alcune cose per il terzo tempo nella sua taverna a Terrinca, quali: cibo, vino bianco in frigo ecc. Arrivando a passo croce troviamo il resto della squadra, si notano bene dal movimento dei gomiti … Cessato il moto saliamo in cava e sacchi in spalla! Ci separiamo alla Diramazione Est in testa al primo pozzo da 20, lasciando indicazioni ad Alessia che era con noi durante la scorsa uscita (quando lasciammo in sospeso questo lavoro), farà squadra con Duccio e Giulia; io, Gabrienologo e Tovà proseguiamo giù al 40. Effettuiamo un primo miglioramento ai passaggi scomodi che portano nella saletta dove ci eravamo rigirati la scorsa volta con Alessandro; mentre Alessio da dietro provvede alla rifinitura, chiedendo a toni quasi minacciosi quanti altri ne mancano prima di arrivare alla risalita. Sotto di noi si sente lo scorrimento d’acqua che scende dalla base del meandro, in direzione del 40 e considerato l’abbondante stillicidio trovato in giro a causa della stagione piovosa, possiamo dire che qui ci va di lusso. Si potrebbe arrampicare in libera da un terrazzo, intrappolandosi però proprio sotto il macigno, il che varrebbe a dire, più vino per eventuali sopravvissuti … Per evitarlo tocca risalire da un tratto più esposto, più lungo e soprattutto con scarsi appigli, quindi prendo il trapano. Non so chi dei due mi stia facendo sicura, la mano avanza da sola a fare il suo lavoro, mentre io sono distratto a cercare di capire come faccia quel blocco di marmo a restare li fermo (sperando che ci resti). Vincolo la corda per gli altri che salgono recuperando tutto, poi Alessio con la schiena a contrasto in parete e i piedi al macigno, con tanto di tifoseria sugli spalti, da qualche spinta con le gambe e scatena una scossa di terremoto … Il rischio è eliminato, il terrazzo alla base non esiste più e sembra di intravedere anche il passaggio dal quale siamo arrivati! Da qui abbiamo due opzioni per proseguire, però prima di mettermi a chiodare per raggiungere il camino sopra di noi, vado a vedere come evolve la frattura (stretta) che abbiamo davanti, immaginandomi già la faccia e le speranze di Alessio. Si prosegue strisciando, stavolta è asciutto, dopo i primi metri trovo un blocco di sezione triangolare lungo circa un metro, è piantato verticalmente a tapparmi la via, percepisco la gioia di Tovà … Ma con una manovra alla Antonio Di Beo lo corico giù, trasformandolo in ponte a tappare il meandro sotto di me. Percorro ancora qualche metro poi allarga, non poco! Torno indietro ad avvisare Alessio e Gabriele, recuperiamo i sacchi e partiamo (migliorando ulteriormente la strettoia) con Tovà che esclama “Autostrade per il Corchia”. Già! E’proprio al Corchia che puntiamo … Si arrampica facilmente in libera per qualche metro, da una sala abbiamo altre due opzioni. Io e Gabriele tentiamo quella che per ora ci consente di proseguire in libera, ma ci porta verso l’acqua, poi in cima diventa esposto e bisognerebbe superare un passaggio stretto dalle splendide forme; dopo riallarga palesemente però optiamo per l’altra via che sta valutando meglio Tovà. Arrampico in libera per 7m poi con tre fori sono su un comodissimo terrazzo, vincolo la corda per far salire Gabrienologo e Tovà. Da qui arrampichiamo in libera per altri 10m poi mettiamo un attacco per sicurezza su un passaggio esposto, altri tre metri in libera portano al terrazzo dove decidiamo di fare dietrofront. Il Disto dice che la prossima volta ci attendono 27m di risalita, in un comodo canale che porta a due arrivi molto interessanti. Gabrienologo si offre involontariamente per fare il rilievo del tratto che abbiamo esplorato, poi impacchettiamo bene le nostre cose e ci incamminiamo verso l’uscita. E’ strano parlare di risalite in Fighiera anche se ormai non è la prima volta … Eppure dovrebbe essere una soluzione abbastanza ovvia, visto che per anni in queste regioni, nessuno si è mai guardato più di tanto sulla testa. Specie nel nostro caso, dove a incrementare l’interesse, oltre che la presenza di uno scheletro di origine troglossena, c’è gran parte di una corrente d’aria che decide di infilarsi in ambienti (inizialmente) piccoli, piuttosto che risalire tutta attraverso un pozzo di dimensioni maestose (P40). Giunti alla sommità del primo pozzo da 20 mi affaccio nella Diramazione Est per vedere se l’altra squadra è ancora all’opera, ma non trovo l’ombra di una corda né delle chiodature che avrebbero dovuto fare per scendere, quindi ne deduco che ci siano stati dei problemi che saranno accertati in seguito. Riprendiamo i nostri passi e una volta usciti filiamo a Terrinca con la bava alla bocca.