È giunta l’ora di chiarire i dubbi e le ipotesi riguardo il punto in cui siamo sbucati nei Rami dei Fiorentini dal Ramo degli Orchi.

Pochi giorni prima, a telefono con il Gran Maestro stavamo osservando e commentando alcune cose circa i rilievi dei rami sottostanti.
È pronta una squadra di 5 persone sufficienti al raggiungimento dei nostri obbiettivi e a far fronte ad ogni eventuale imprevisto per la progressione in tutto il tratto a noi sconosciuto, fra il pozzo dove ci eravamo fermati io e Veronica nella precedente uscita e il Pozzo Stalingrado, conosciuto solo da me e Fabio per esserci stati appena una volta.
Ecco che di venerdì mattina nel giro di un’ora la squadra si riduce simpaticamente a 2 unità, io e il Maresciallo, l’ultima nave. Appena lo chiamo per spiegargli la situazione mi risponde “tanto lo avevi previsto, io ci sono!” Ottimo, é quello che volevo semtirmi dire.
Alle 7:00 di sabato mattina lasciamo una macchina davanti al turistico e filiamo in retro Corchia. Entriamo alle 9:30 dal 19°, carichi! per modo di dire, visto che si e no avró dormito 4h, i sacchi sono sicuramente più carichi di noi ma al momento non ce ne rendiamo conto.
Facciamo una brevissima sosta al vecchio campo base dei piemontesi per bere un sorso d’acqua a “km sottozero” direttamente dallo scorrimento sulla roccia, poi riprendiamo velocemente il passo e non avendo niente di meglio da fare che galoppare, ci mettiamo a fare pronostici sulle tempistiche di raggiungimento degli obbiettivi e dei vari punti della grotta, consapevoli del fatto che più andremo in la e meno saranno veritieri.
Ci fermiamo all’Auditorium per organizzarci con corde e attacchi, raccogliendo con gioia lungo la via, un altro sacco che contro ogni regola della pigrizia dello “speleologo medio” (che di speleologo ha ben poco) ci litigheremo passo dopo passo fino all’uscita.
Giunti ai passaggi selettivi fra i blocchi di crollo che separano i grandi ambienti del Ramo degli Orchi dal pozzo di congiunzione, incominciamo a fare il rilievo ma ci sono dei problemi con il Disto quindi dobbiamo rimandare e ci mettiamo subito all’opera per renderli più agevoli.
Per non farci mancare proprio nulla troviamo un’ulteriore prosecuzione sull’ attivo che nella punta precedente non avevamo minimamente notato, ma non abbiamo tempo per approfondirne le conoscenze e dopo aver mangiato un boccone cominciamo a scendere il pozzo , lentamente…
Durante l’armo, osservando i chiodi di chi lo aveva risalito, mi immedesimo nella situazione perdendomi letteralmente in un altro mondo, quello delle “Risalite dei Fiorentini” di chi in quel posto aveva osato circa 40 anni fa, quei chiodi parlano di storia e sacrifici, la storia ci insegna che stranamente, spesso molliamo quando siamo ad un pelo dal raggiungimento di un obbiettivo, proprio quando in realtà bisognerebbe dare l’impossibile, ma chi lo puó capire quanto ne siamo vicini e se davvero lo siamo…
Giunti alla base della verticale parte una forra più “giovane” che si immette su un’altra di dimensioni più grandi, siamo di fronte a 3 possibilità di prosecuzione, con una manovra roccambolesca raggiungo una finestra e armo un traverso aereo che attraversa la forra da una parte all’altra.
Il Maresciallo mi raggiunge poi vado avanti a vedere se siamo sulla via giusta.
Mi assento per qualche minuto, o almeno sembra che ne siano passati pochi, percorro in opposizione la forra che fortunatamente diventa di nuovo più stretta, raggiungendone la base e passando fra alcuni massi arrivo in una galleria di modeste dimensioni, qui scorrono gli affluenti che portano acqua al “Ramo della Valle dell’Eden” nel “Gran Fiume dei Tamugni”, o almeno la situazione corrisponde a quanto detto precedentemente con il Gran Maestro.
Facendo pochi passi nel senso opposto noto delle scritture in acetilene.
“In queste regioni si conclude la via dell’Abisso Fig…” é Badino! Non credo ai miei occhi. Siamo qui stranamente all’anniversario dei 4 anni dalla sua scomparsa, appena mi riprendo urlo ad Ivan. La via per il campo dei fiorentini l’abbiamo trovata, il Ramo degli Orchi é congiunto ai Rami dei Fiorentini a pochi metri di distanza dalla congiunzione fatta dal Khayyam, e adesso come facciamo a dirlo a Badino?
Riprendiamo il nostro cammino in gallerie spettacolari, grandi a tal punto da farci sentire delle formiche, sistemando alcune corde alla meno peggio fino ad arrivare al Pozzo Stalingrado. Esclamo “questo l’ho visto una volta ma lo riconosco, é lui!” da qui in avanti abbiamo un pensiero in meno.
I sacchi sono stracolmi con le corde marce che abbiamo raccolto lungo la via e le poche ore di sonno della notte precedente si fanno sentire. Percorriamo tutto il Labirinto Gruviera e finalmente siamo al campo base.
Dopo mezz’ora di sosta ripartiamo.
Ripeto più volte “qualcuno deve aver spostato la Galleria Roversi più a valle” il Maresciallo se la sta godendo la sua prima volta ai fiorentini, chissà quanto mi sta maledicendo pensando a quando gli avevo detto “Tranquillo, dallo Stalingrado in poi si va! Poi alla Fangaia siamo fuori”
È tardi e gli occhi vogliono chiudersi… Ho sempre “rimproverato” i miei compagni quando hanno fatto tardi il venerdì sera prima delle punte in grotta e io ho fatto peggio.
Ci fermiamo per 5 minuti all’attacco dell’ultima calata prima della Roversi, chiudo gli occhi e ripenso a tutte le emozioni vissute nel Ramo degli Orchi quando la via sembrava chiudere e da li a pochi minuti trovavamo la prosecuzione tutt’altro che scontata, poi scatto in piedi e dico “dobbiamo muoverci”.
Arrivati alla Fangaia partoriamo l’ultimo inutile pronostico “alle 5 saremo in cima alla franosa e ora ti voglio a salire quelle maledette scale! Perché il sasso é diverso!” alle 5 e 4 minuti ci siamo davvero, il Maresciallo dice “sento già l’aria di fuori” arrampichiamo il pozzo destro dei pompieri con gli occhi mezzi chiusi e il sacco ausiliario che facilita il tutto, il vento della grotta ci spara fuori, dopo 20h di attività interrotta raramente da brevi pause ,ammiro il panorama, il cielo ricoperto di nubi nere ed esclamo “Bello schifo, si stava meglio dentro!”
10 minuti minuti di doveroso relax e scendiamo ai tavoli del turistico per fare colazione o forse cena boh chiamatela come vi pare, con mezzo kg di trofie al ragù di cinghiale e una bordolese di Chianti Classico.
Partecipanti :
Ivan Ghiselli (il Maresciallo), Salvatore Iannelli