Lug 262023
 

Resoconto ORCO

10/6/2023 Oggi a Passo Croce c’è un sacco di bella gente pronta ad entrare in Fighiera. Saliamo rapidamente all’ingresso per evitare il caldo e dopo i soliti preparativi entriamo dividendoci nuovamente alla Diramazione Est sulla sommità del primo P20; dove stavolta nel verificarne e rilevarne lo sviluppo, Kunze e Daniele approfitteranno delle circostanze per introdurre al progetto nuovi appassionati di Rilievo e insegnare un po’ di tecniche d’armo.
Io, Alessio e Gabrienologo proseguiamo per la diramazione alla base del P40. Lungo il tratto iniziale troviamo un discreto stillicidio a causa di temporali dei giorni precedenti, ma l’alternarsi di passaggi stretti ad ambienti ampi è sempre più scorrevole e comodo dopo il nostro passaggio … Quindi proseguiamo con agilità ponendo (ovviamente) ulteriori migliorie. Mi è già presa fame, non solo di esplorazione … Gabrienologo e Alessio si infilano a vedere la frattura che incrocia il ramo principale in corrispondenza del penultimo pozzo che avevamo risalito la volta scorsa, mentre io sosto al nostro punto logistico ad organizzare le attrezzature e a prosciugare i viveri. La frattura inizialmente sorvola l’ambiente che avevamo visto io e Gabrienologo sulla diramazione destra, ma dopo pochi metri prosegue indipendente in una risalita che successivamente, scopriremo stringere fino ad un buco poco più piccolo di un casco, attraversato da un debole flusso d’aria. Dunque cominciamo a risalire il P30, ridiamo pensando ad un caro amico che avrebbe detto “Queste sono le Grrrandi Risalite dei Versiliesi” e fra un “corda” e un “blocca”, con un accenno di volo, parte un “oooh! ma ci sei?” Alessio si risveglia blocca la corda e risponde “sisi ci sono!” .
La via principale prosegue in risalita con piccoli terrazzi alternati da balzi di circa 3m , l’aria sembra passare quasi tutta da qui. Mi trovo davanti all’arrivo di una forra con una fessura a limite dell’oltrepassabile; l’alternativa sarebbe continuare a risalire in verticale ma tentar non nuoce, fisso la corda e mi raggiunge Gabrienologo. Mi tolgo l’attrezzatura di dosso e con un po’ di contorsionismo a polmoni scarichi riesco a superare la fessura , dopo un paio di metri l’ambiente torna ad essere di dimensioni più ampie, continua! Provo ad andare oltre per vedere se ne vale la pena cercando di rimanere a tiro di voce … C’è da risalire un pozzo di circa 10m ma la forza che mi tira in questo ramo è nettamente superiore a quella che dovrebbe tornare a prendere l’attrezzatura; come se non bastasse è anche perfettamente liscio, ma mentre ci penso sono già su tralasciando il fatto che dopo toccherà inventarsi come riscendere. Urlo di nuovo agli altri “Continua!”. Ogni tanto Gabrienologo sveglia Alessio che è rimasto a dormire alla base del P30 come se fosse sul divano di casa e lo informa di come evolve la faccenda. La forra continua con bellissimi ambienti alternandosi fra meandri tortuosi e slarghi circolari allagati; qualche passaggio aereo consente di evitare strettoie al limite dell’oltrepassabile, stando attenti a non volare per circa 10-15 metri.
Gli altri non mi stanno seguendo, non li sento più da un po’. Però non posso non affacciarmi a vedere cosa si nasconde dietro quella curva del meandro, dietro quella successiva e dietro un’altra ancora… Va’ al diavolo! Ho perso il conto. Qui continua fin quando non mi rigiro! E cosa dovrei fare? Tornare indietro con un banalissimo “è bello ma a tratti stretto-bagnato-pericoloso e con innumerevoli curve” ? Ecco, prontamente trovo un ennesimo passaggio selettivo in fessura che vorrebbe mandarmi via, sembra impossibile da oltrepassare ma osservandolo meglio … bisognerebbe sdraiarsi per terra infilare la testa in quel punto più largo e salire in diagonale poi a circa tre metri da terra deviare in orizzontale. Non ricordavo di avere le ossa! Improvvisamente l’ambiente cambia morfologia , diventando molto ampio; mi trovo alla base di un pozzo ingombro da blocchi di crollo, riesco ad arrampicarlo in libera per 13m raggiungendo un terrazzo dove la via biforca. Verso l’alto si nota la forma di una galleria quasi totalmente ostruita dalla frana , non è assolutamente il caso di provarci in queste circostanze; uno sfondamento da su un altro pozzo (parallelo a quello risalito) che alla base “scampana”. Non riesco a capire bene il comportamento dell’aria anche se si tratta di un flusso o forse flussi abbondanti. Noto un osso di circa 15cm per 2cm di diametro … mi metto a ripulire il terrazzo buttando giù una quantità innumerevole di massi che sostavano in posizione precaria, in maniera tale da garantirmi un migliore appiglio per affacciarmi in spaccata sul pozzo. Verso l’alto sembra sia tutto tappato dalla frana (sicuramente si tratta dello stesso ambiente che vedevo dal terrazzo). Alla base si nota un ulteriore salto di un paio di metri che sembra anch’esso ostruito dalla frana. Anche qui non è il caso di proseguire; è passato un po’ di tempo e gli altri si staranno preoccupando … Quindi comincio a fare dietrofront, disarrampico il 13 e lascio scritto su un blocco “Le vie del Fighiera sono Infinite”. Ripercorro i 100m circa fino a ritrovare Gabrienologo e Alessio e prima di raccontargli come prosegue il ramo, allungo il braccio nella fessura per passargli l’osso.
Sono carico di latte di monte, peserò 3kg in più e il freddo comincia a farsi sentire ma è ancora presto per andarsene quindi decidiamo di chiodare il traverso per raggiungere la finestra che vedevamo dalla base del pozzo verso destra. Svoltato l’angolo non parte una galleria, bensì un’ennesima risalita in un camino parallelo. Per arrivare sulla cengia al lato opposto della finestra, mi trovo costretto a passare su un blocco dalle dimensioni impressionanti, incastrato in bilico chissà come. Poi con movimenti felpati mi raggiungono Alessio e Gabrienologo per valutare come proseguire. In cengia non c’è posto per 3 ,Gabrienologo resta seduto sul blocco “tanto a una certa se va giù resta attaccato alla corda” esclamiamo. Già! ma chissà che sotto non ci tappi la via oltre a distruggerci le corde e visto che eventualmente ,a questo punto, nessuno di noi avrebbe voglia di mettersi a liberare il passaggio decidiamo di fare rientro all’adorata taverna a Terrinca dove bordolesi di vino ci aspettano a tappi aperti. Alle 23:20 siamo fuori e dopo “l’esultanza da stadio” con tanto di fuochi d’artificio sulla vetta del Corchia, giungono notizie dall’altra squadra riportate di seguito.
Avevamo stimato che la loro diramazione potesse riallacciarsi agli ambienti alla base del P20, rilevati da Marco Corvi e Maurizio Rizzotto lo scorso 25 Marzo, ma Kunze ci racconta che non è andata così. Daniele seguito da Nicola e dal Maresciallo hanno fatto squadra d’armo, chiodano un saltino mentre Kunze spiega agli altri alcune basi di rilievo. Francesca procede con il disto, Caterina e il bimbo, neofiti, si dedicano ai capisaldi, kunze alla restituzione sul palmare.
La galleria si presenta con una pendenza media di – 30 gradi; tranne un piccolo saltino, si procede tranquillamente sul fondo dissestato da massi di crollo. Dopo pochi minuti perdono il contatto con la squadra d’armo che li precede in cerca di pozzi che non troveranno … Dopo un centinaio di metri la condotta finisce in un “cul de sac” quindi Kunze chiede al bimbo di suggerire un nome per il ramo, ma risponde che è “complicato” scegliere, dunque verrà chiamato “Ramo Complicato”.Dopo una breve pausa per mangiare, ripartono verso l’uscita e per le 17:00 sono fuori.

Partecipanti:
Caterina Pagano, Francesca Onnis, Jacopo Gemo (il Bimbo), Nicola Gemo, Ivan Ghiselli (il Maresciallo), Daniele Paoli, Paolo Brunettin (Kunze), Gabriele Ianett (Gabrienologo), Alessio Tovani, Salvatore Iannelli.

Saluti.
Salvatore.

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